Tutto è riassunto in una parola: "convivium", che in latino indica il banchetto, il pranzo importante, e che deriva da "cum vivere", cioè vivere insieme; e che identifica quindi l'atto del mangiare con la vita stessa che, attraverso il cibo, si sostanzia e si rigenera continuamente.

Ma è proprio quel "cum", ossia il fatto che si stia insieme durante il pasto, a dare il senso della ritualità, a trasformare il semplice atto di assumere cibo per sopravvivere in una cerimonia collettiva, ricchissima di significati, dl regole, di valori che tuttora sussistono.

Tutto quanto è legato al rito del pranzo che riunisca più commensali si può esprimere efficacemente con una parola: convivialità.

La convivialità è certamente uno dei grandi piaceri della vita perché permette di soddisfare le gioie dei sensi e nello stesso tempo di comunicare con gli altri, coltivare i rapporti sociali e interpersonali, esprimere cultura, gusto, armonia, civiltà.

Tutte le volte che si decide di assumersene l'incarico e la responsabilità, cioè di invitare degli ospiti alla propria tavola, si diventa registi di un evento importante, che merita quindi di essere vissuto e preparato al meglio.

Anche oggi come in passato l'invito a cena, quello che apre le porte della casa a un gruppo di persone per farle sedere attorno alla stessa tavola, è il più significativo e gradito fra i diversi modi di ricevere le persone: tè, cocktail, serate e dopocena, feste da ballo, rinfreschi non riescono infatti ad esserlo altrettanto.

E la dimensione dello stare riuniti attorno alla tavola apparecchiata, in un limitato numero di invitati scelti con intenzione, a dare il tono, l'atmosfera, il senso tutto particolare alla circostanza.

Cibi e vini in accostamenti sapienti, una tovaglia e dei servizi intonati, luci, cristalli, argenti, fiori; ma soprattutto  voci, cordialità, discorsi che si snodano e si riannodano dall'uno all'altro dei commensali, mentre le portate si succedono e i calici si innalzano in piacevoli brindisi: tutto questo concorre a creare un evento davvero memorabile.

Ogni invito, anche il pranzo domenicale con gli amici più intimi o il ritrovarsi al rientro delle vacanze con figli e nipoti è un'occasione che merita di essere preparata con cura.

Nel caso in cui il pranzo è più formale, e diventa magari uno strumento per sancire un rapporto sociale o mondano, di celebrare ufficialmente un anniversario, la regia che lo governa è delicatissima e richiede la massima attenzione da parte dei padroni di casa.

E' soprattutto in questo caso la signora ad essere coinvolta, e solitamente questa grande responsabilità la trova ben disposta: l'arte conviviale, e ancor più quella dell'ospitalità, sono tra le piu "femminili" nel senso che in esse rifulgono le doti di sensibilità, organizzazione, piacere della conversazione, buon senso e buon gusto di cui una donna, per natura o per lunga e secolare consuetudine, è davvero provvista.

Un invito a cena implica infatti che in un tempo ristretto a poche ore si predispongano, si intreccino, si affrontino e si portino a termine un numero imprecisato ma altissimo di operazioni e di gesti: scegliere cibi e vini, accostare le persone giuste, cucinare, apparecchiare, accogliere e mettere a loro agio gli ospiti, servire, porgere.

Anche nel caso in cui esistano persone disposte ad aiutare, è sempre lei, la padrona di casa, che conduce le fila e gestisce le operazioni; e deve farlo sorvegliando che tutto proceda al meglio e senza smettere di sorridere; anche se il soufflé si è sgonfiato, se gli invitati sono in ritardo, se la salsa di accompagnamento schizza sulla tavola e sulla cravatta di un ospite; i mille possibili incidenti di percorso dovranno trovarla pronta a minimizzare, a risolvere, a deviare l'attenzione, ma soprattutto a sorridere e a tener desta la conversazione, come suggerì un servo a Madame de Maintenon, durante un pranzo che Madame dava in onore di illustri personaggi: "Signora, lei che parla tanto bene, racconti una bella storia a questi invitati: si è bruciato l'arrosto".

È per questo, ha detto qualcuno, che il piacere della convivialità non può andare d'accordo con quello dell'ospítalità: chi è impegnato nei suoi compiti di anfitrione non può dedicarsi appieno a godere del piacere della tavola e della compagnia.

In effetti, c'è molto di vero, eppure accostare oggetti e servizi di pregio, veder splendere la tavola e la casa, sentire l'approvazione degli ospiti per le pietanze e i vini, essere il centro e il motore dell'evento è altrettanto gratificante, anzi forse lo è di più.

Un grandissimo consiglio è quello di tenere un diario degli Inviti, perché ogni "mangiata" con ospiti è un'occasione da ricordare e averne testimonianza scritta o tenerne una documentazione precisa almeno nei suoi aspetti fondamentali, sarà certamente un supporto utile dal punto di vista pratico.

Si potrà in questo caso ripetere e perfezionare un menu ben riuscito, migliorare o variare un accordo di sapori, calcolare il "giro" degli ospiti, evitare di servire agli stessi commensali lo stesso menu, specialmente nel caso in cui il repertorio delle proprie abilità culinarie sia piuttosto ristretto, si potrà dosarlo e distribuirlo al meglio.

E ancora si potrà annotare qualche particolarità da non trascurare, come l'ospite vegetariano o l'amica che non ama la maionese, fare in modo che gli stessi amici non si ritrovino a pranzo con le stesse persone con le quali non sono sembrati legare troppo e che al contrario possano rivederne altre con le quali era nata una simpatia o un'affinità.

Sarà possibile inoltre documentare gli inviti per arricchire la propria memoria affettiva: la vita è fatta di momenti di festa, di occasioni familiari e sociali, di ricorrenze e di incontri, che è bello ritrovare per riviverli e riassaporarli a distanza.

Per il decimo anniversario di matrimonio c'erano tutti i cugini o mancava qualcuno? E quella volta che, rientrati dal Giappone, si è preparato un pranzo tutto a base di sapori e colori orientali, che cosa si è servito con il pesce? Per il primo compleanno nella casa nuova, non c'era ancora il tavolo allungabile... o sì? Era il Natale scorso che, all'ultimo momento, si è aggiunta allo stuolo dei parenti un'amica rimasta sola?

Sfogli le pagine a ritroso ed ecco che le immagini si disegnano sullo specchio della memoria: rivedi la sala da pranzo scintillante, la tovaglia ricamata, i candelabri d'argento e le candele accese; o il grande panettone al centro della tavola, l'alzata con i canditi preziosi e il brindisi di Natale, con i bambini che recitano la poesia.

E' anche un'occasione per rivedere e risentire le persone care, anche quelle che non ci sono più.

La memoria va aiutata non solo perché, col passare degli anni, tende a evaporare, ma anche perché le cose belle, i momenti felici, le occasioni di festa entrino meglio a far parte di noi.